Negli ultimi anni i Centri antiviolenza, compreso il nostro, hanno visto un aumento esponenziale delle richieste di aiuto. Un segnale positivo perché significa che sempre più donne escono dal silenzio e acquisiscono fiducia nelle istituzioni.
Nella provincia di Padova sono state 1016 l’anno scorso, 545 nei primi sei mesi di quest’anno e 16 le richieste di accoglienza di emergenza, 8 solo a luglio e agosto.
Quando si affronta un caso di violenza e maltrattamenti in famiglia contro una donna dobbiamo sempre pensare che è la donna che deve essere al centro di ogni decisione.
Bisogna ascoltare le sue parole, non sottovalutare quello che ci dice e accompagnarla in modo consapevole in un percorso di fuoriuscita dalla violenza.
Che non significa denuncia immediata. Proprio perché sappiamo che il momento della denuncia è quello più pericoloso per la vita di una donna, dobbiamo prima pensare alla protezione, sua e dei/delle suoi/sue figli e figlie.
Vuol dire creare e finanziare alloggi e strutture che possano accogliere le donne in ‘emergenza’ per alcuni giorni in modo da avere i giusti tempi per capire quali passi ulteriori fare.
L’accoglienza in emergenza viene portata avanti da alcuni anni nel territorio provinciale di Padova dal Centro Veneto progetti Donna, il centro antiviolenza, con il supporto della Croce Rossa Italiana – Comitato di Padova. Le operatrici del Centro, contattate dai Servizi Sociali, Pronto Soccorso, Forze dell’ordine o direttamente dalla donna, provvedono a reperire un alloggio temporaneo (in struttura protetta o alberghiera a seconda delle disponibilità) per lei e le/i bambine/i. Nei giorni successivi, insieme alla donna si costruisce il percorso da intraprendere che consiste nel valutare se e quando fare la denuncia (i maltrattamenti in famiglia spesso durano anni ed è importante circostanziare gli episodi in modo dettagliato nello spazio e nel tempo); si valuta se sospendere o cambiare la frequenza scolastica dei/delle minori; ci si raccorda con le Forze dell’Ordine per andare a prendere in casa gli effetti personali; ci si può recare al Pronto soccorso o in Ospedale per eventuali visite mediche; si valuta la rete famigliare/amicale che può essere di supporto e si contatta un/una legale.
Tutto questo lavoro non prevede una specifica fonte di finanziamento, sebbene da molti anni stiamo chiedendo a livello politico di prevedere a tutti i livelli (nazionale, regionale e comunale) che questa attività sia finanziata.
Oggi finalmente abbiamo uno specifico Ministero per le Pari Opportunità. Chiediamo alla Ministra di considerare la violenza maschile sulle donne come tema prioritario dentro la sua agenda politica.
E di coinvolgere prima di tutto i Centri antiviolenza nell’applicazione del Piano nazionale contro la violenza maschile sulle donne. Perché la voce dei Centri è quella delle migliaia di donne che a essi si rivolgono, e da oltre trent’anni la loro esperienza è pratica politica di relazione tra donne.
Chiediamo politiche integrate con gli altri Ministeri e che in tutte le decisioni vengano messe al centro le donne, i loro figli e le loro figlie, le loro vite.
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